Nel luglio del 1919 il Canonico Arturo Perduca, allora parroco in San Sebastiano Curone, domandava chiarimenti circa le caratteristiche di vita e le regole dell’Istituto delle Suore che don Orione alla sua richiesta ha inviato alla fine del 1917. Don Orione, tra l’altro rispondeva così:
“A Como non è una Casa [nostra], ma ne ho messe là tre [Suore] a fare da serve di Gesù Cristo a poveri orfani di guerra, che erano rimasti abbandonati: si poteva lasciarli così?
A Reggio Calabria non ho aperto Casa, ma [di Suore] ne ho mandate tre a fare del catechismo in un rione della Città dove si vive e si muore come Dio sa e dove i Sacerdoti non vanno o non potevano più andare.
Gli anni di noviziato sono almeno due: uno chiuso e uno aperto; alcune faranno prima l'anno chiuso cioè a S. Bernardino e le altre viceversa.
Il Signore poi guarda allo spirito di carità e ci benedirà e premierà secondo le opere di misericordia cioè secondo che avremo avuto carità...
Ma io non le mando che in posti dove fanno della fame, dove sono prese a sassate per poter fare del bene, e da quelli a cui fanno del bene: dove sono derise anche dalle persone di chiesa, o compatite come pazzerelle, e dove presto presto, si ammalano per la vita di lavoro e di sacrificio e se ne vanno in Paradiso a fare il Noviziato.
Non vi pare bello? In verità...Dunque mi pare che ci sia da stare contenti in Domino!
Finché c'è amor di Dio, e di sacrificio per le anime, umiltà, patimento, preghiera, che andiamo cercando?
Avanti! Avanti! Stiamo lieti, stiamo lietamente” (8 luglio 1919; Scritti 67,178).
Don Orione sapeva che non tutti riescono ad accettare tale modo di vivere e le difficoltà legate agli inizi della nascente fondazione (appena 4 anni). In riferimento a chi voleva ritirarsi, scriveva il 31 luglio 1919 alla prima collaboratrice, Giuseppina Valdettaro:
“Quanto al restare o all’andare, per quanto me ne possa dispiacere, io nulla farò o dirò per trattenerla, qualora, fatti gli Esercizi Spirituali e, dopo avere pregato e preso consiglio con chi la dirige, essa ritenesse di dover lasciare l’Istituto. Voglio il bene delle anime, ma non lego le anime che a Gesù Cristo e alla Sua Chiesa. (…)
Che le cose della loro piccola Congregazione non vadano come dovrebbero sempre andare o normalmente andare, è tanto tanto evidente, però ritengo che, andando avanti con santa semplicità e fede e più fede nell’aiuto del Signore e con umile carità fraterna, si farà più profitto.
Bisogna stare attenti di non lasciarci montare la testa, ma andare all’anima e non fermarsi alle forme. Penso che molte volte è più avanti agli occhi del Signore l’ultimo dei probandi miei che non il Superiore e fondatore dei Figli della Divina Provvidenza - e allora?
Cerchiamo la sostanza, cioè l’amore di Dio, - il resto è tutto secondario, molto, ma molto secondario”.
E alla fine aggiungeva con gioia: “E stiano tranquille in Domino; e Lei la mandi a riposare ove meglio crederà. Le cose loro in Calabria vanno bene, per l’aiuto del Signore e della Madonna. E anche a Roma.
Sia lodato Gesù Cristo e Maria SS. Sac. Orione d. D. Pr.” (Scritti 65,204).
https://www.suoredonorione.org/2019/item/2965-il-signore-guarda-allo-spirito-di-carita-le-luci-dagli-scritti-di-don-orione#sigProId39f63ef458