Siamo rimasti chiusi nelle nostre case per due lunghi anni, abbiamo sperimentato con mano la solitudine, la noia, la delusione per non star vivendo come ci si era immaginato, per due anni siamo rimasti lontani da un abbraccio, non abbiamo più visto il sorriso della persona che avevamo di fronte e quando riuscivamo a farlo era attraverso uno schermo. Ma cos’è che ci ha dato la forza di andare avanti? A riguardare il nostro modo di adattarci, direi proprio l’umanità in ognuno di noi: abbiamo cercato metodi alternativi per stare vicini e abbiamo sperimentato che nessuno può andare avanti senza l’altro. Per molto tempo le porte del nostro oratorio, che hanno accolto a braccia aperta i protagonisti dei nostri numerosi Grest, dei nostri freddi pomeriggi, dei nostri incontri, sono rimaste chiuse e le luci della sala, dove ancora risuonano le voci dei bambini, sono rimaste spente, ma c’era ancora qualcosa di acceso: i nostri cuori.
Per molti mesi ci siamo riuniti, ogni mercoledì sera, dietro uno schermo e tra una connessione scarsa e l’altra abbiamo continuato a riflettere, a pregare, a conoscere noi stessi e l’altro. Questa situazione ci ha permesso di confrontare la nostra sofferenza con qualcuno che ci tendeva la mano pronto ad aiutarci, abbiamo incontrato sacerdoti, suore, psicologi e tutti ci hanno fornito la fame necessaria per ripartire e noi animatori non ci siamo fatti scappare più l’opportunità! Abbiamo finalmente messo l’olio a quelle porte e le abbiamo spalancate a loro, i nostri protagonisti: i bambini. Per settimane abbiamo ricominciato a sentire quelle voci innocenti, a rivedere gli occhi accesi che ormai si erano spenti, a sentire le risate, a giocare, a divertirci, a ritornare a dare dei messaggi, a imparare, a sognare, a vivere. Finito il Grest, abbiamo pensato che ci voleva un momento tutto nostro, forse come premio o forse perché la voglia di vivere era troppa e la paura di fermarci avanzava sempre più.
Per questo il 21 Luglio del 2021 finalmente abbiamo spolverato le nostre valige, siamo ritornati a svegliarci presto per incontrarci rigorosamente alle 6 di mattina davanti alla Casa Famiglia con gli occhi ancora assonnati per iniziare il nostro viaggio. Prima di ritornare ad affollare i nostri pulmini abbiamo iniziato tutto con la preghiera, elemento fondamentale di ogni nostro viaggio. Ed eccoci finalmente a cantare di nuovo, a stare scomodi perché si è in troppi, a confrontarci su tutte le preoccupazioni e le aspettative su questo viaggio, a fare i conti con la frenetica ed impaziente voglia di arrivare in un posto tutto nuovo da scoprire. E finalmente eccoci, prima tappa: riserva naturale di Cavagrande del Cassibile. Non abbiamo temuto per l’acqua ghiacciata, non poteva fermarci, e subito sulle nostre canoe, un po’ inesperti, abbiamo iniziato a remare e a guardare con occhi curiosi ciò che ci circondava. Ci siamo immersi nella natura,riflettendo su alcuni temi, o potremmo dire “Il tema”, quello che mette in crisi, tutti senza eccezione: la felicità.
È fondamentale uscire dalla propria quotidianità per ricercare maggiore benessere, con la speranza di trovare sempre più, oppure basta trovare un equilibrio interiore per mettere a tacere questa fame di felicità? La felicità coincide con me stesso oppure ho bisogno di altro per raggiungerla? Queste alcune delle domande che sono scaturite dal nostro incontro. E con tanti punti interrogativi siamo arrivati in quella che sarebbe stata la nostra casa per la notte e il giorno seguente: Noto. E proprio in una piazzetta, sotto le stelle, abbiamo riflettuto su un altro tema: sognare. E qui abbiamo dovuto fare i conti con le nostre paure e fragilità, ma grazie al messaggio di Papa Francesco rivolto ai giovani di Cuba il 21 settembre del 2015 abbiamo capito che ci vuole speranza per sognare, ma non basta: ci vuole discernimento per capire qual è la strada giusta per noi, memoria di quello che siamo, fame di unione, di amore, di diversità, di un amico che ti faccia capire che quest’ultima è ricchezza, di solidarietà, ci vuole fede! Era questo il messaggio di cui noi giovani avevamo bisogno: un messaggio di speranza.
Ricchi di emozioni continuiamo il nostro viaggio il giorno seguente per andare a visitare cosa Noto ha da offrirci, a partire dal suo Duomo, alle terrazze di Santa Chiara, fino al suo teatro. Ma ci lasciamo incantare dalle sue strade, dai volti sorridenti e amici che incontriamo, dagli altri turisti come noi, dalle sue splendide Chiese e dalle storie che vi sono dietro a queste. Così si conclude il nostro viaggio, così come è iniziato: con gli occhi assonnati, con i nostri pulmini, con le canzoni, con la preghiera. Ma forse qualcosa dentro noi è cambiata, i nostri occhi sono tornati a brillare, sono ritornati a rivedere i volti, i paesaggi e i nostri cuori sono ritornati ad emozionarsi. Ed ecco la piccola storia di queste “emozioni in partenza”, che son partite e tornate, ma che non si fermeranno mica qui!
Elisabetta Levantino
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