Approfondendo la Decisione sullo stile di vita Atti dell’XI CG
Vivere la Lectio divina come confronto continuo tra Parola e vita, e vita e Parola. Incentivare madalità creative di preghiera per una spiritualità incarnata nelle diverse culture, curando la bellezza della liturgia, valorizzando e promuovendo anche la religiosità popolare.
(Dimensione profetica: n° 10 - pag. 49)
Con il “pezzetto” di questo mese, iniziamo la nostra riflessione sulle caratteristiche della Dimensione sacerdotale del nuovo “stile di vita”. Ci fa entrare subito nel fondamentale tema del “confronto della nostra vita con la Parola di Dio”. Oggi viviamo un tempo particolarmente privilegiato per la facilità che abbiamo di leggere, meditare, gustare, ruminare la Parola di Dio, in confronto con i tempi passati in cui questo era possibile solo ad “alcuni” nella Chiesa. La Parola di Dio è oggi nelle nostre mani come la “manna” quotidiana che alimenta, illumina e orienta la nostra vita cristiana e consacrata. Il rischio però è proprio quello di sentirci troppo “sazi”, quasi “indigesti”, è il rischio dell’abitudine o della lettura superficiale, che può rendere sterile la Parola, come dice Gesù nella parabola (cfr. Mt 13,4-9). Domandiamoci sinceramente: quante volte durante la giornata ricordiamo, ritorniamo alla Parola “ascoltata” nella Messa, nella Liturgia delle Ore…? “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” dice il Salmo 119. Ma, è veramente “lampada” e “luce” che illumina e domina la mia giornata, che orienta i miei passi, i miei sentimenti, i miei comportamenti? Il “confronto continuo tra Parola/vita, vita/Parola” è la chiave della conversione, della trasformazione, della santità: della “cristificazione” della nostra vita e delle nostre relazioni fraterne e apostoliche. La dicotomia è la rovina, è la morte che ci rende incapaci di coerenza, di significatività. La pratica della Lectio divina è una delle più valide dinamiche che, vissuta seriamente e sistematicamente, può portarci lentamente alla trasformazione del cuore. Però non dobbiamo confonderla con la sola “meditazione” che, penso, è per tutte una prassi quotidiana. La “meditatio” è semplicemente uno dei passi dell’itinerario della Lectio divina, e ha bisogno di essere inserita nel contesto degli altri passi, precedenti e successivi. In questo modo, rimanere o conformarci con un solo passo, sarebbe come voler fare un viaggio e accontentarci di avere il biglietto: se non mi preparo, se non mi muovo, se non salgo sul mezzo, se non mi lascio portare… il viaggio non si realizza e non arrivo alla meta desiderata pur avendo il biglietto fra le mani. Quanto siamo personalmente e comunitariamente abilitate a “vivere la Lectio divina” nella nostra vita? Quale spazio occupa nella nostra organizzazione settimanale o mensile questa vitale dinamica di “confronto con la Parola e la vita”? Quali sono le nostre principali “scuse” per non realizzarla?
La seconda parte del “puzzle” di oggi ci invita ad “incentivare modalità creative di preghiera”. Il senso della “creatività” non sta nel voler innovare, cambiare per cambiare, non è nemmeno far diventare i momenti di preghiera una coreografia dispersiva o esteriore. Il vero senso è evitare la routine, la ripetizione monotona e, spesso, meccanica di preghiere, devozioni, ecc. e promuovere invece “una preghiera più autentica, più profonda, più vicina alla realtà, più inculturata, che abbia come centro la persona di Gesù. Una ‘preghiera 24 ore’, alimentata dalla Parola di Dio, dalla vita liturgico-sacramentale, e improntata alla semplicità e alla popolarità”[1], l’unica che può trasformare la nostra vita. Una volta ho sentito dire: “da come prega una comunità si può capire come vivono i suoi membri”. Credo che sia una grande verità! La bellezza della nostra preghiera, specialmente quella comunitaria, è segno dell’amore e della fede nel Dio vivo e presente in mezzo ad essa. La bellezza del canto, la bellezza del luogo di culto, la bellezza delle voci unite nel pregare un Salmo, la bellezza del silenzio… bellezza che ci predispone alla gratitudine e allo stupore verso Colui che è “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 45,3); bellezza che diventa poi armonia nelle relazioni, serenità di cuore, letizia profonda, e ci rende “donne contemplative”, sensibili alla presenza di Dio in ogni cosa, in ogni persona, in ogni avvenimento: “24 ore”! Una comunità diventa attraente dallo “stile”, dal “modo” come prega, come vive la fraternità e come serve i poveri. Questa è Pastorale vocazionale!
Anche qui possiamo domandarci: qual è il nostro stile abituale di preghiera? Quante volte siamo prese più dalla “fretta” e dall’“improvvisazione”, dalla ripetizione e dalla rigidità di fronte alla creatività, specialmente quando le più giovani propongono qualcosa di nuovo? Quale coscienza vera abbiamo della presenza reale di Dio nel Tabernacolo? (pensiamo alle tante “chiacchiere” in Chiesa, alle tante “parole” e “rumori” poco liturgici…! Vero?). Dialoghiamo con sincerità e rivediamo il nostro “stile”, i nostri “modi” di entrare in contatto con la Parola di Dio, con la liturgia, con i sacramenti; aiutiamoci a vivere una preghiera più profonda più flessibile, più aperta, creativa e incarnata… Non si tratta di “quantità” bensì di “qualità”… vedremo che migliorando la “qualità” della nostra preghiera, migliorerà la “qualità” della nostra vita. Buon dialogo!
[1] PSMC, Atti XI Capitolo generale, pag. 47-48.
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