Nel 1872, in un'Italia da poco unificata con la presa di Porta Pia, in una Chiesa che, con la perdita del potere temporale, cominciava a passare ad una liberazione evangelica, mentre i due poteri venivano finalmente distinti nelle persone del re Vittorio Emanuele II e del sommo Pontefice Pio IX, in una terra già ricca di santi come quella del Piemonte, nello scantinato di una casa in affitto, lo Spirito del Signore si posò su di un bimbo figlio di una mamma analfabeta, Carolina Feltri, e di un padre selciatore, non praticante e di sentimenti garibaldini, Vittorio Orione. La famiglia Orione abitava a Pontecurone, tra Voghera e Tortona e lì, il 23 giugno, nacque Luigi.
Per questa nuova vita la famiglia costituisce il punto di partenza per assimilare aspirazioni, per affinare sensibilità verso la storia in mutamento, per sentire come orizzonte della sua vita quel popolo a cui sentiva di appartenere e di cui diventava sempre più esperto.
Alla scuola del padre, al quale deve passare i blocchetti di porfido per pavimentare le strade, e a quella della mamma, a cui deve stare dietro per raccogliere le spighe necessarie per il pane, imparò che la vita non va sprecata, ma costruita con le proprie mani per essere capaci di servirla!
Grazie agli insegnamenti della sua famiglia, già da ragazzo Luigi Orione non sopportava che la gente sprecasse il proprio tempo bighellonando o seduta davanti al bar del paese. La figura del padre lo aiutò a comprendere l’aspirazione profonda della società a diventare da oppressa a espressa; da società degli esclusi a società dei partecipanti; da società di comparse a società di protagonisti; da società di élite a società di massa.
La fede profonda della mamma, inoltre, lo aiutò a percepire ed a lottare contro un tremendo pericolo: si può aiutare il popolo a progredire sul piano sociale ma, al tempo stesso, lo si può immiserire all'inverosimile togliendogli dal cuore la fede in un Dio Padre.
Per Don Orione è la Chiesa e solo la Chiesa il luogo dove le due realtà, l'umana e la divina, possono essere coniugate; per lui era la Chiesa, investita dalla Provvidenza, che poteva far esprimere il popolo nella sua originalità, dargli la promozione sociale dandogli anche la promozione divina.
Egli si impegnò al massimo per moltiplicare, all'interno della Chiesa, i segni di Provvidenza. Al riguardo sarà geniale e fantasioso. Abbraccerà tutte le forme atte a dimostrare che «la c'è la Provvidenza».
Fu figlio della Chiesa, ma non prete da sacrestia. L'esperienza, per lui dolorosa, di un padre non praticante, gli fa vivere nella sua carne la realtà dei non praticanti. Già subito in famiglia si è sentito espressione di questa realtà piuttosto che di quella dei fedeli al sicuro nell'ovile.
Capì sempre meglio che ci sono dei poveri che sono tali perché non si sentono espressi dalla Chiesa e dirà esplicitamente: «Io sono il prete di quelli che non vanno in chiesa».
Sente di essere fatto non per una santità di sacrestia, ma di popolo!