Don Orione era sempre stato dalla parte dei poveri, dei diseredati. Cresciuto povero, vissuto povero, capiva le loro necessità, le loro ribellioni. Nel 1919 lo troviamo sulla barricata: è la barricata della penna, la barricata del foglio di carta, ma è pur sempre una barricata, dalla quale lancia il suo appello, egli vuole giustizia per i figli di Dio, vuole dignità per chi soffre e lavora.
Ancora oggi, restano mille lavori «occulti» non tutelati, resta l'abbrutimento dell'uomo asservito alla macchina, resta la piaga del lavoro minorile sfruttato sotto banco, resta il peso di uno squilibrio che agita ancora le masse in una società trasformata, ma non rinnovata nel profondo dei suoi valori. Don Orione guardava davvero lontano, anche oltre i tempi nei quali viviamo.
Aveva una grande passione per l'uomo; passione per la Chiesa e per l'uomo in modo indistinto. Illuminante a riguardo è la sua presa di posizione nei confronti del Modernismo. Egli si pone davanti alla crisi della Chiesa non sul piano della dialettica, non sul piano dei chiarimenti dottrinali, ma su quello della carità.
L'essere amico dei modernisti mentre si sente figlio devotissimo della Chiesa, fa scoprire una sua sensibilità tutta particolare: il primato della carità. Questa virtù non può mai metterci contro nessuno. Di qui il suo motto programmatico: «Fare del bene sempre, del bene a tutti, del male mai, a nessuno!».
Don Orione ha elaborato, sotto l'impulso della grazia dello Spirito, un patrimonio evangelico in un contesto e con contenuti essenzialmente sociali. Gli nacque nella mente e nel cuore l'esperienza religiosa dell'umanità come «insieme».
La sua santità si rivelava a lui destinata a «creare» società, a determinare cambiamento, a influire sulla sua direzione, sulla sostanza stessa dei modelli di vita dei popoli, sull'organizzazione sociale del mondo.
La Congregazione si dilata in Italia e nel mondo. Don Orione nel 1921 si reca una prima volta in Sud America, in Brasile, vi apre alcune opere per la gioventù bisognosa. Torna in Italia l'anno successivo. Il cuore di Don Orione è sempre disponibile per tutti, egli infatti riceve chiunque ha bisogno di una parola, di un consiglio, di un conforto, di un aiuto, di una preghiera.
I contatti con i popoli nuovi, con nuove chiese, senz'altro gli fanno rimpicciolire l'Italia... Esperimenta un'altra grande verità per l'uomo: nessuno matura pienamente se stesso se non arriva ad una sensibilità mondiale.
I santi hanno sempre avuto, come orizzonte della loro vita, l'universo intero (consumarsi per arrivare a tutte le anime!). Finché la nostra psicologia non diventa «mondiale», Dio non può dirci le sue parole. Perché Dio, quando parla, parla sempre e solo per tutti...
Ma come ha fatto, quest'uomo di Dio, a dilatare così tanto la sua coscienza in un'epoca non favorita dai mezzi di comunicazione?
Le uscite dalla sua diocesi, le più disparate esperienze, i sogni, gli incontri con personaggi vari, le enorme sofferenze accettate per Cristo, le intuizioni, i viaggi in America latina hanno dilatato la sua coscienza dandole i confini del mondo e rendendola idonea a parlare di Chiesa, di storia, di popoli, di società, di Provvidenza...
Dalla sua ordinazione, pian piano, Don Orione fa esperienza che questo Dio provvidente è presente negli avvenimenti della storia.
Nella sua mente continuano a nascere nuove idee! Nel 1895 dà vita al periodico La Scintilla e nel 1898 lancia il nuovo settimanale dal titolo L'Opera della Divina Provvidenza. Parte per la Sicilia, invitato da un Vescovo, dove fa sorgere un istituto per ragazzi poveri e una colonia agricola. Un grande ponte era gettato tra il nord e il sud dell'Italia, un abbraccio fraterno che si rivelerà utilissimo nel terremoto di Messina.
Chi può fermare la Provvidenza? L'Opera continua a dilatarsi... piovono da ogni parte nuove richieste!
Il 28 dicembre 1908 una scossa di 37 secondi rade al suolo Messina e Reggio Calabria, devastandone anche le zone circostanti. Don Orione apprende dai giornali la notizia del disastro e decide di recarsi sul luogo ritrovandosi in mezzo a bambini bisognosi di cure, adulti senza più speranza, spogliati di tutto, ormai rassegnati a lasciarsi andare alla deriva.
Nel 1913 l'Opera superò l'Atlantico e pose piede in Brasile con i suoi missionari. Nel 1915 un nuovo terremoto ad Avezzano, nei villaggi della Maiella e della piana del Fucino: tutta la Marsica è sconvolta! Don Orione, naturalmente, accorre ed il suo cuore è tutto rivolto ai ragazzi senza più nessuno. Terminata questa emergenza già premevano alle sue porte altri orfani: l'Italia era entrata in guerra.
Per far fronte sempre meglio alle necessità degli umili, dei piccoli e dei più poveri, assecondando un antico desiderio, nel 1915 Don Orione dà origine alla congregazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità, in una borgata di gente molto misera, a Tortona. Egli le vuole mamme dei piccoli, sorelle premurose dei più derelitti, a servizio delle membra doloranti del corpo di Cristo.
Sia il terremoto di Messina che quello della Marsica lo invitano a varcare i confini della sua chiesa locale per fare esperienza di altre chiese particolari. In queste esperienze esprime una puntualità superiore a quella dello Stato; prova una sofferenza unica perché, in parte provocata da fratelli nella fede e nel sacerdozio; ma tutto serve ed è capovolto in bene per chi ama Dio.
Nel suo caso, si sentirà sempre più sacerdote di Cristo e Cristo crocifisso; non per nulla sottolineerà che la sua opera è nata il venerdì di una settimana santa...
Esperienze di questo e di altro genere, come gli incontri con le categorie più svariate di persone, con i santi, con i Papi (ben cinque!), lo plasmano fino a farlo giungere ad una maturità di coscienza che lo fa sentire: uno di vocazione universale.
Il 13 aprile 1895 Luigi Orione fu ordinato sacerdote da Mons. Igino Bandi, nella cappellina dell’Episcopio di Tortona, Finalmente, ce l’aveva fatta!
Scrivendo molti anni dopo al suo Vescovo Mons. Grassi, egli dirà: “Quando ho ricevuto la Sacra Ordinazione, mi ero disteso in corpo ed in ispirito – perinde ac cadaver – ai piedi della Chiesa”.
La notte precedente però Don Orione l’aveva trascorsa in modo almeno insolito: “Vi era molti anni fa – ricorderà egli stesso - un Vicario Generale della diocesi di Tortona, Mons. Andrè, il quale fu assistito in morte da me, proprio il giorno della mia prima Messa…”.
Durante quella Prima Messa, domanda al Signore la grazia che chiunque lo avvicini, l’aiuti, o, anche solo senta fare il suo nome, sia portato a salvezza; e per i suoi collaboratori implora tre doni: “pace, pane e paradiso…”.
Voleva essere il sacerdote per i più lontani, per quelli del “fuori chiesa”: - “Fine del Sacerdozio è di salvare le anime e di correr dietro specialmente a quelle che, allontanandosi da Dio, si vanno perdendo. Ad esse io devo una preferenza non di tenerezza, ma di paterno conforto e di aiuto al loro ritorno, lasciando, se necessario, le altre anime meno bisognose di assistenza. Gesù non venne per i giusti, ma per i peccatori..." Quel giorno scrive il suo programma, nel quale emerge la sua illuminata visione ecumenica: "Preservatemi, o Signore, dalla funesta illusione, dal diabolico inganno che io prete debba occuparmi solo di chi viene in chiesa e ai sacramenti, delle anime dei fedeli e delle pie donne. Certo, il mio ministero riuscirebbe più facile, più gradevole; ma io non vivrei di quello spirito di apostolica carità verso le pecorelle smarrite, che risplende in tutto il Vangelo".
Questo è il momento in cui la Piccola Opera della Divina Provvidenza fa la sua comparsa ufficiale nel mondo. Don Orione inizia ad avere dei collaboratori; dei chierici che con lui daranno vita ad un nuovo istituto di religiosi.
https://www.suoredonorione.org/component/k2/itemlist/user/63-valeria?start=30#sigProId252051bc04
La vocazione di essere tutto di quel Dio che è provvidenza, sbocciò ben presto. Nel 1895 Luigino entrò nei francescani ma, per motivi di salute, dovette lasciare l’anno successivo. Nonostante il senso di fallimento, la Provvidenza gli si manifestò attraverso un sogno, avvenuto nell'autunno del 1893, e che gli diede forza e coraggio.
Nell'ottobre del 1886 Luigi Orione entrò dai salesiani incontrando proprio Don Bosco. Questo fu un incontro che segnò per sempre in positivo la sua vita. Tuttavia in capo a due anni, sentì che doveva lasciare ancora. Tutto potrebbe avere il sapore di un secondo fallimento. Ma la Provvidenza gli è ancora vicino, sempre con un sogno in cui è protagonista lo stesso Don Bosco, sempre per confortarlo nelle scelte.
Nel 1889 entrò nel seminario diocesano di Tortona e nel 1892, con lo slancio dei suoi vent’anni e l'intuito di un adulto sperimentato, aprì un oratorio con tanto di programma in cui coinvolge i genitori. L'anno successivo apre addirittura un collegio.
In questa seconda realizzazione è spinto a mettersi presto il cuore in pace per le malevole critiche dei benpensanti che convincono il vescovo ad intervenire ordinandone la chiusura. I pianti e le preghiere terminano con un atto di abbandono in Colei che da anni ha scelto come madre del suo sacerdozio ed ora anche di quella che spera diventi un'opera della Divina Provvidenza. Mette le chiavi del collegio nelle mani di Maria. E la Madonna non tarda a rispondergli, ancora con un sogno in cui allarga il suo ampio manto sotto il quale si vedono raccolte genti di ogni razza e nazionalità. E questo ad indicargli la vastità degli orizzonti cui è chiamata ad espandersi la congregazione.
L'esperienza per lui culminante che c'è davvero UNO per noi, forse l'avverte nell'incontro con la vecchia Angelina Poggi che spontaneamente rimette nelle sue mani tutto quello che ha: la cifra precisa necessaria per tenere aperto il collegio. L'episodio ha valore di segno rivelatore anche agli occhi del Vescovo che gli restituisce la benedizione e il permesso di riaprire...
Nel 1872, in un'Italia da poco unificata con la presa di Porta Pia, in una Chiesa che, con la perdita del potere temporale, cominciava a passare ad una liberazione evangelica, mentre i due poteri venivano finalmente distinti nelle persone del re Vittorio Emanuele II e del sommo Pontefice Pio IX, in una terra già ricca di santi come quella del Piemonte, nello scantinato di una casa in affitto, lo Spirito del Signore si posò su di un bimbo figlio di una mamma analfabeta, Carolina Feltri, e di un padre selciatore, non praticante e di sentimenti garibaldini, Vittorio Orione. La famiglia Orione abitava a Pontecurone, tra Voghera e Tortona e lì, il 23 giugno, nacque Luigi.
Per questa nuova vita la famiglia costituisce il punto di partenza per assimilare aspirazioni, per affinare sensibilità verso la storia in mutamento, per sentire come orizzonte della sua vita quel popolo a cui sentiva di appartenere e di cui diventava sempre più esperto.
Alla scuola del padre, al quale deve passare i blocchetti di porfido per pavimentare le strade, e a quella della mamma, a cui deve stare dietro per raccogliere le spighe necessarie per il pane, imparò che la vita non va sprecata, ma costruita con le proprie mani per essere capaci di servirla!
Grazie agli insegnamenti della sua famiglia, già da ragazzo Luigi Orione non sopportava che la gente sprecasse il proprio tempo bighellonando o seduta davanti al bar del paese. La figura del padre lo aiutò a comprendere l’aspirazione profonda della società a diventare da oppressa a espressa; da società degli esclusi a società dei partecipanti; da società di comparse a società di protagonisti; da società di élite a società di massa.
La fede profonda della mamma, inoltre, lo aiutò a percepire ed a lottare contro un tremendo pericolo: si può aiutare il popolo a progredire sul piano sociale ma, al tempo stesso, lo si può immiserire all'inverosimile togliendogli dal cuore la fede in un Dio Padre.
Per Don Orione è la Chiesa e solo la Chiesa il luogo dove le due realtà, l'umana e la divina, possono essere coniugate; per lui era la Chiesa, investita dalla Provvidenza, che poteva far esprimere il popolo nella sua originalità, dargli la promozione sociale dandogli anche la promozione divina.
Egli si impegnò al massimo per moltiplicare, all'interno della Chiesa, i segni di Provvidenza. Al riguardo sarà geniale e fantasioso. Abbraccerà tutte le forme atte a dimostrare che «la c'è la Provvidenza».
Fu figlio della Chiesa, ma non prete da sacrestia. L'esperienza, per lui dolorosa, di un padre non praticante, gli fa vivere nella sua carne la realtà dei non praticanti. Già subito in famiglia si è sentito espressione di questa realtà piuttosto che di quella dei fedeli al sicuro nell'ovile.
Capì sempre meglio che ci sono dei poveri che sono tali perché non si sentono espressi dalla Chiesa e dirà esplicitamente: «Io sono il prete di quelli che non vanno in chiesa».
Sente di essere fatto non per una santità di sacrestia, ma di popolo!
Quando si conoscono ed apprezzano alcune figure poliedriche nella santità, si vorrebbe che esse non tramontassero mai per godere della loro virtù, sapienza, ispirazione e di quant'altro di edificante dalla loro anima promana.
San Luigi Orione ha soddisfatto in misura notevole questa esigenza: egli è rimasto con noi con il suo pensiero, i suoi insegnamenti, il suo spirito.
I suoi Figli spirituali hanno raccolto, con accuratezza e devozione, minute di lettere, appunti, e scritti vari, in ben 118 volumi che, debitamente rilegati, costituiscono una preziosa eredità, fonte efficace di saggi consigli e ammaestramenti, dove poter attingere la ricchezza del suo spirito carismatico e apostolico.
E' impossibile sintetizzare in poche frasi la sua vita avventurosa e talvolta drammatica. Però possiamo dire che egli fu certamente una delle personalità più eminenti del secolo scorso per la sua fede cristiana apertamente professata e per la sua carità eroicamente vissuta.
Per approfondire gli aspetti scientifici della straordinaria figura del Santo visita il sito dei Messaggi di don Orione.
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